Nel ciel febbril di giorni ventott’era, quando in Faido, su gelida lastra, l’aspra tenzon del curling si riv’era.
Non era guerra, né feroce castra, ma di due schiere il duol di ria sconfitta o la speranza che la gloria s’innaspa.
Boccalin sì chiamava la partita la squadra prima, condotta con fervore da Raffo e sua fida mano ardita.
Di contro i Parpaòr, con gran valore, Giorgi li guida, e a lui si fan sostegno Betty e i gemelli Defanti, d’animo signore.
Ed ecco che il ghiaccio, specchio del regno, vede il sasso lanciarsi con gran senno, cercando il centro, nel cerchio più degno.
Il primo grido di festa s’udì in seno a Boccalino, ché due punti fecer, mentre gli altri restaron nel veleno.
Ma lungi da cedere al rio pensier, i Parpaòr, di voglia mai stremata, muovon con arte la pietra al pensier.
Uno, poi uno, e ancora, l’ondata che fa tremar la squadra rivale, che di rispondere più non è dotata.
Ed ecco il sesto, il settimo fatale: tre punti preser gli arditi guerrieri, e già la sorte si fea rivelale.
L’ultimo atto, fra sguardi severi, diede a Giorgi e i suoi otto punti, mentre Raffo ne uscì con amari pensieri.
Non v’era rabbia, ma lievi memorie, ché ancora restava un ultimo giorno, seppur già noto il fin delle storie.
Già Fai Rumore, di Manuel contorno, portò la palma, già scritta nel fato, ma l’ultima fiamma attende ritorno.
Così si chiuse il duello narrato, sotto il ciel freddo, fra sassi e speranza, nel gelo che il foco del gioco ha scaldato.
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